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Andrea Marcesini. Azienda Agricola La Felce

Le interviste dei Calici Rosa e il Coronavirus


Ci troviamo nei Colli di Luni, ai piedi delle colline di Ortonovo nella provincia della Spezia, nella nostra Liguria. Questo territorio, utilizzato fin dai tempi dell’Impero Romano per la coltivazione della vite, è oggi patria di elezione del vermentino. In questo territorio, ricco di tradizione, abbiamo oggi il piacere di incontrare – ancora una volta virtualmente Andrea Marcesini, titolare della Azienda Agricola La Felce.

  1. Buongiorno Andrea, il Coronavirus ha sicuramente modificato le nostre abitudini di vita. Innanzitutto ti domandiamo come è la situazione ad Ortonovo? In questa parte di Liguria la situazione dà origine a scenari inverosimili. Di solito, in questo periodo dell’anno, avremmo assistito alla rinascita della vita e del turismo, complice anche il bel tempo che si sta protraendo. Invece gli scenari sono da film apocalittici. Si vede in giro solo qualche macchina negli orari di entrata al lavoro - per le categorie che possono recarvisi - oltre alle interminabili code nei supermercati, mentre dopo le 18 arriva una sorta di coprifuoco come in un “film western di Leone” (n.d.r. il regista Sergio Leone).

  2. La pandemia sta avendo un forte impatto anche a livello economico. Da produttore come stai affrontando questo momento? Da produttore la cosa più brutta è che non si riesca a veder nulla. Non si intravedono né il presente, né il futuro. L’unica certezza è che si debba continuare a lavorare. In campagna la natura non si ferma. Invece si è fermata quasi completamente la vendita di vino. Davanti a me ho una cantina ancora piena con l’incognita, sempre più presente, di come poter vendemmiare la nuova annata perché non ci sarà posto per l’uva 2020, con il rischio di dovervi rinunciare. Allo stesso tempo si sta continuando a spendere tra stipendi e materiali per curare piante e terreni. Personalmente, ho reimpostato il lavoro collaborando con Azienda Agricola Giacomelli per potenziare l’orticoltura, un settore che non ha risentito molto di Covid-19, così da incrementare le entrate e rimanere in piedi. Sarà il futuro della mia azienda ritornare al passato.

  3. Come sta cambiando il mercato del vino? Le vendite attuali, per me ma anche per tutti, si assestano ad un 15% rispetto a quelle dello stesso periodo dello scorso anno. Si vende qualcosina con le consegne a domicilio e con e-commerce per i produttori che lo utilizzano. La richiesta si orienta principalmente verso vini sfusi ma anche e soprattutto “bag in box”. Per il mercato e marketing penso sia presto per fare progetti e azioni perché sicuramente le cose cambieranno molto ma non sappiamo né quando, né come. Il futuro? Un dilemma!

  4. Al di là delle iniziative private, avete ricevuto qualche aiuto dallo Stato oppure dalla Unione Europea? Sono stati presi provvedimenti anche nell’ambito della Pac (Politica Agricola Comune)? Gli aiuti, fino ad ora, sono stati pochi e comunque solo da parte dalle banche mediante la moratoria sui mutui e sui finanziamenti. Si riesce ad avere un po’ di liquidità grazie agli aumenti sugli scoperti dei conti correnti e ora con il mutuo garantito dallo Stato. C'è la cassa integrazione ma è per noi uno strumento quasi inutile perché siamo costretti a far lavorare i dipendenti. La natura non si ferma e le vigne non vanno in cassa integrazione.

  5. Quali ritieni che potrebbero essere gli interventi più urgenti da mettere in campo per aiutare le aziende e il mercato? Le misure più urgenti, per me e credo anche per la maggior parte dei produttori, sono quelle volte a fornire sostegno alle aziende e a “metterle in sicurezza”. In altre parole servirebbero azioni mirate a fare avere un po’più di liquidità. Ad esempio, si potrebbe sostituire la cassa integrazione con un contributo allo stipendio dei dipendenti per poter alleggerire noi datori di lavoro. Per quanto riguarda l’Unione Europea dovrebbero essere anticipati gli aiuti all’agroambientale e procedere alla liquidazione di tutti i p.s.r. (n.d.r. fondo per il Programma di Sviluppo Rurale) che sono già stati approvati. Inoltre, per cercare di fare spazio alla nuova annata, sarebbe utile l’erogazione di contributi europei per la distillazione delle eccedenze oppure per la riduzione delle rese dell’uva. Quest’ultima misura, in particolare, ritengo che potrebbe essere la più idonea per i produttori liguri. La politica dovrebbe incentivare poi G.D.O. (n.d.r. Grande Distribuzione Organizzata) ligure ad acquistare una parte considerevole di vino da quelle aziende disposte ad aderire. In ogni caso, prima di mettere in campo strategie, azioni e denaro pubblico per la promozione, dobbiamo capire meglio in che direzione andremo.

  6. Andrea vuoi farci una previsione per il prossimo futuro? Penso che se si muoverà qualcosina sarà solo grazie al mercato interno ma ritengo ciò non sufficiente per smaltire l’annata. Questo momento però ci farà capire molte cose. Una mia ultima considerazione: il mondo del vino era diventato una bolla economica debole ed effimera. Inoltre, molti produttori hanno dimenticato la “polifunzionalità” di un’azienda agricola; ciò consente infatti, nel caso in cui in un’annata vada male la produzione o la vendita del vino, di compensare le perdite con l’orticoltura o la frutticoltura.


Grazie ad Andrea Marcesini per averci fornito uno spaccato della situazione nell’estremo levante ligure ed averci illustrato nuove prospettive di sviluppo.

Alla prossima!

25 aprile 2020



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