Cantina dell’Anno Gran Vinitaly 2018
Durante il mio viaggio in Basilicata ho visitato Rionero in Vulture. Qui ho avuto il piacere e l’onore
di intervistare il Dottor Gerardo Giuratrabocchetti, laureato in Scienze Agrarie presso l’Università
degli Studi di Bari e Amministratore Unico dell’Azienda Vitivinicola “Cantine del Notaio”.
Rionero in Vulture è situato alle pendici del Monte Vulcano ed è proprio lungo queste pendici che
nasce l’Aglianico del Vulture: un antico vitigno autoctono a bacca nera. Vediamo le sue caratteristiche e conosciamo la sua storia insieme al Dottor Gerardo.
Gerardo, che cosa ti ha spinto a continuare la tradizione di famiglia, a produrre vino e a farne il fulcro della tua vita? Premetto che nella mia vita, pur essendo laureato in agraria, non mi ero occupato molto di quella vigna che nonno Gerardo, proprio perché ne porto il suo nome, volle che fosse mia tra i tanti nipoti. Ho lavorato e collaborato molti anni presso l’università di Basilicata (dal 1982) ed ho avuto anche la possibilità di fare il docente a contratto. Sono stato anche dirigente di un ente che si occupa di assistenza tecnica in campo zootecnico e di miglioramento genetico degli animali allevati. Ho fondato, sotto l’egida del Ministero dell’Agricoltura, il primo laboratorio di ricerca in genetica molecolare applicata al miglioramento genetico degli animali, ma sono onesto, non mi sono occupato della vigna fino al 1998. In quell’anno, per vari motivi (stavo vivendo un momento un po’ difficile per la perdita di cari affetti) mi sono trovato a passeggiare per i filari della vigna di nonno (cosa fatta in passato assai di rado!). Lì mi sono sentito come rimproverare da mio nonno per non aver dato corso ai suoi sogni e desideri. Mi rendo conto che sia difficile comprendere tutto questo ma la cosa fu così “forte” da indurmi ad abbandonare il mio lavoro e a trovare la forza di cominciare una nuova avventura! Il 5 ottobre 1998, in occasione del mio quarantesimo compleanno, complice mia moglie Marcella, ho iscritto l’azienda all’ufficio IVA e alla Camera di Commercio ed è iniziata questa mia nuova vita! Nasce così “Cantine del Notaio”, dedicata a mio padre, appunto notaio, che aveva incarnato il sogno dei suoi genitori che desideravano tanto un figlio dottore e che, a fronte di tanti sacrifici, dopo la laurea era riuscito a vincere il concorso notarile cambiando la sua vita e quella dei suoi familiari.
Perché un appassionato di vino dovrebbe scegliere di degustare i tuoi vini e quali sono le caratteristiche uniche che li contraddistinguono? Nel lavoro che facciamo cerchiamo di metterci tutto l’impegno e la passione che ci anima e che ci rende legati ad una terra che tanti miei familiari ed amici hanno dovuto abbandonare per cercare fortuna altrove. Noi abbiamo fatto una scommessa all’inverso. Abbiamo deciso di rimanere per valorizzare una terra, il Vulture, il nostro grande Vulcano, con tutte le sue bellezze ma soprattutto il suo patrimonio fatto di umiltà, semplicità e valori umani e sociali che ne costituiscono la vera anima. Spero che nei nostri vini si senta tutto questo e non parlo solo per me, parlo anche per tutti i nostri collaboratori che ci danno la possibilità di costruire, giorno per giorno, il sogno di fare grande la nostra terra e di farla conoscere in Italia e nel mondo!
Se dovessi spiegare a una persona che non conosce la vostra produzione, il vostro stile, come definiresti i vostri vini? Sicuramente l’Aglianico del Vulture è un vitigno straordinario per le sue caratteristiche. È, infatti, il vitigno con il ciclo vegetativo più lungo (spesso le vendemmie terminano a fine novembre – inizio dicembre). Per questo motivo, è estremamente ricco in sostanze polifenoliche tanto da renderlo il vitigno più longevo probabilmente in assoluto! È, pertanto, un vitigno tra i più importanti al mondo, molto difficile da coltivare e vinificare, ma che può dare vini davvero unici! La sua naturale astringenza lo rende difficile da collocare in un panorama di consumo piuttosto orientato a vini facili, di pronta beva, molto aromatici. Per l’Aglianico del Vulture si deve saper aspettare oppure va lavorato con diligenza per ottenere vini che possano essere graditi, fin da subito, dal mercato. Potremmo dire che l’Aglianico del Vulture deve puntare ad essere tipico ma piacevole, potremmo dire, per definirlo in maniera semplice: un vino con la forza di “un pugno di ferro in un guanto di velluto”! Questo è il nostro obiettivo enologico e ce la mettiamo tutta per raggiungere questo risultato, cercando di migliorarci anno per anno, vendemmia dopo vendemmia, sia nel lavoro in vigna che in cantina.
Qual è il vostro mercato di riferimento più importante? Il nostro mercato più importante è l’Italia. In questo mercato abbiamo concentrato i nostri sforzi per far conoscere un vitigno poco noto, di una regione spesso totalmente sconosciuta. Pian piano abbiamo poi iniziato a far conoscere la nostra regione e produzione anche all’estero. Ad oggi, il 70% va in Italia, il 30% nel resto del mondo di una produzione di circa 430.000 bottiglie l’anno.
Dall’Aglianico del Vulture nascono grandi rossi lucani, quale dei tuoi vini maggiormente ti rappresenta? Faccio un po’ fatica a rispondere nel senso che tutti i nostri vini li consideriamo come figli! Ognuno è nato da uno studio storico di ciò che si produceva in zona e che era documentato (pensiamo ad esempio al Rogito che si ispira a Sante Lancerio che nel 1500 per conto di Papa Paolo III Farnese assaggia l’aglianico e suggerisce di consumarne una versione “più scarica di colore”) o dallo studio ed analisi delle uve e del vitigno per adottare le tecniche migliori possibili in cantina e, soprattutto, in vigna per “addomesticare” tannini altrimenti troppo aggressivi (nascono dalla storia e tradizione, ma anche dallo studio del vitigno, vini come il metodo classico “La Stipula” o come una sorta di amarone “Il Sigillo”, fatto però con uve parzialmente disidratate sulla pianta con una vendemmia tardiva a novembre, quando da noi c'è spesso neve e freddo).
La Basilicata è una terra generosa e offre vini con grande personalità e ottimi prodotti gastronomici, quale piatto locale consiglieresti in abbinamento? Tutti i piatti della tradizione come le paste fatte in casa (gli “strascnat’ = strascinati che sono simili alle orecchiette, ma “strascinati” nella lavorazione in modo da ottenere una pasta a forma di foglia d’alloro con i bordi ingrossati) conditi con il ragù di carne, o l’agnello fatto a “cutturiedd”, cioè cotto con tanti aromi come peperoncino, aglio, cipolla, sedano e pomodoro. Ma anche il baccalà con il peperone “crusc”, cioè peperoni dolci prima essiccati e poi fritti: una vera delizia tipica del nostro luogo.
Quanto conta la tradizione e quanto invece sono importanti oggi la ricerca scientifica e la tecnologia nella produzione del vino (anche c.d. naturale)? Se vogliamo rispettare le caratteristiche di un vitigno ed avere vini che rappresentino le proprie tipicità e l’ambiente ed il territorio da cui provengono, occorre un processo produttivo assolutamente perfetto e ineccepibile. Su questo non si può derogare!! Un processo che si presti a contaminazioni microbiche, ci porta inevitabilmente ad allontanarci dal pieno rispetto del vitigno e dell’ambiente e si perderebbe così ogni caratterista peculiare intrinseca al vitigno. Una contaminazione microbica induce, infatti, obbligatoriamente, all’omologazione dei gusti e sapori a dispetto di caratteristiche del vitigno e del territorio. Se il processo enologico non è perfetto, avremo inquinamenti nelle diverse fasi del processo di vinificazione, ma anche se le uve non sono perfette e, dunque, sane non potremo mai avere mai vini tipici. È ovvio che se c'è contaminazione di Brettanomyces (lievito ubiquitario) il suo apporto olfattivo e gustativo omologherà il gusto e l’olfatto a dispetto di qualsiasi varietà coltivata e qualsiasi ambiente produttivo, omologando, in senso negativo, i vini di qualsiasi parte del mondo, prevalendo sui sentori tipici di quel vitigno. Dunque, la ricerca e la scienza sono indispensabili per monitorare processi che sono “naturali” e che avvengono fin dalla notte dei tempi, allo stesso tempo sono necessari studi e ricerche anche per valorizzare usi e tradizioni di un luogo. Vini che vanno posti così all’attenzione dei mercati e diventano piacere e scoperta per i consumatori. È ovvio che la scienza è e deve essere strumento per esaltare le caratteristiche di un vitigno, delle tradizioni e consuetudini di un luogo e non certo per “fabbricare” vini certamente buoni, ma omologati e privi di anima!
Gerardo, so che il legame con il tuo territorio è molto forte e ami il tuo lavoro, c'è qualcosa in particolare che ti appassiona di più in ciò che fai? Sì certamente quello di poter avvicinare tanta gente e far “scoprire” la nostra terra, far cogliere l’essenza di gente che vive in ambienti poveri ma ricchi di storia, cultura e tradizione.
Quale pensi che sia il momento della giornata più adatto per gustare un buon calice di vino e cosa ti emoziona di più in quell’istante? Che sia un nostro vino o di altri, poco importa, c’è sempre un momento per gustare un buon vino, perché niente più del vino porta al piacere di “condividere” cioè stare insieme, godere e assaporare la vita!
Quale vino accompagna quotidianamente tuoi pasti? Spesso bevo vini prodotti da altri. Si tratta di vini che mi vengono regalati o che mi regalo e mi fa piacere cercare di capirne la loro anima. È cosa che amo fare spesso e che condivido sempre con familiari e collaboratori. Credo siano momenti piacevoli ma anche di crescita per tutti.
La domanda potrebbe sembrare scontata, in realtà nel mondo del vino non c’è mai nulla di scontato. Gerardo, qual è il vino che ti piacerebbe fare e che non hai ancora fatto? Lo so, ma non lo dico! Non voglio rivelare i miei segreti; aspettate e berrete!!
Gerardo, la tua passione, la tua volontà, l’amore per il tuo territorio hanno realizzato il raggiungimento di uno splendido traguardo: Cantine del Notaio Cantina dell’Anno - Gran Vinitaly 2018”. Puoi farmi partecipe delle tue emozioni? Francamente, con mia moglie, non ci credevamo proprio! È ovvio che sia una grandissima soddisfazione e negarlo sarebbe ovviamente e semplicemente assurdo! È altrettanto vero che il “successo”, come dice la parola nel suo autentico significato di participio passato del verbo succedere, altro non è se non ciò che è già “avvenuto”, quindi appartiene ad un passato, se pur molto piacevole! Guardiamo avanti, cercando di migliorarci sempre di più, contagiando con questo spirito tutti quanti partecipano a questa grande, meravigliosa avventura!
Grazie, Gerardo, per avermi guidata nelle tue cantine, nelle grotte scavate nel tufo vulcanico; ho ascoltato in un silenzio rapito la storia del presepe animato da te ideato. Per un momento mi sono lasciata trasportare in un'altra epoca, in quelle grotte ricche di storia, tutte collegate tra loro, avvolte da una incredibile magia. Grazie per aver condiviso con me momenti quotidiani insieme a tuo papà e ai tuoi collaboratori: è stata un’esperienza unica, indimenticabile, che porterò sempre nel mio cuore. Ho apprezzato molto il tempo che mi hai dedicato per l’intervista.
Ai cultori del vino consiglio vivamente di visitare “Cantine del Notaio”, un luogo incredibile, dove
vivrete un’esperienza sensoriale unica. Sarete accolti con professionalità, cortesia, simpatia e avrete modo di degustare il loro meraviglioso aglianico del vulture abbinato ai prodotti tipici locali.
Rionero in Vulture, 21 gennaio 2019
- Anita Maninchedda
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