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Patrick Uccelli. Tenuta Dornach

Aggiornamento: 1 mag 2020

Le interviste dei Calici Rosa e il Coronavirus


Immaginando di camminare in montagna e di poter respirare aria pura a pieni polmoni, ci ritroviamo - purtroppo solo virtualmente - a fare due chiacchiere con Patrick Uccelli, titolare della Tenuta Dornach. Siamo in provincia di Bolzano, a Salorno, la porta dell’Alto Adige. Dai nobili natali, Salorno è una piccola località, lontana dalle mete turistiche tradizionali, ma che sa regalare un’oasi di tranquillità immersa tra vigneti: Pinot nero, Pinot bianco, Gewürztraminer.

Foto di Mauro Fermariello
  1. Patrick come ti sembra che l’Alto Adige stia reagendo alla pandemia in corso? Quale è la tua percezione? Essere confinato per la maggior parte del tempo all'interno della propria azienda agricola non permette di farsi un’idea chiara, di intravedere i contorni di quello che sta accadendo sul territorio. In linea generale direi che, a livello sociale, mi sembra di vedere ciò che si potrebbe osservare anche in altre zone. Un misto tra paura, alienazione, speranza, rabbia, prudenza. Insomma, tutto il corollario che un bombardamento mediatico come quello in atto fa emergere dalle coscienze. A livello economico invece credo proprio che la pressione percepita in Alto Adige sia molto forte essendo un territorio a chiara impostazione turistica. Qui si ragiona in termini di ben oltre 30 milioni di pernottamenti. Ovviamente il comparto è fermo, per cui è in sofferenza. A questo si aggiunge tutto l’indotto, come ad esempio “l'economia del vino” che trova ampiamente uno sbocco -localmente- nell'industria del turismo. Per cui, una gran parte dell‘economia altoatesina è in grande sofferenza. Questo è innegabile.

  2. Il coronavirus sicuramente sta avendo riflessi anche a livello economico. Come produttore come stai vivendo questa situazione? Come produttore tendo a tenere ben separati due piani del mio lavoro. Il lavoro “sul campo” non si è mai fermato. La natura non si occupa di “distanziamento sociale“ e “di chiusure di attività”. C’è la vigna da accudire, ci sono da preparare i campi e gli orti, ci sono gli animali di cui prendersi cura. Le gesta di sempre insomma. Sul piano economico invece la contrazione è evidente. Con le attività di ristorazione chiuse di vino non se ne vende più, o molto poco.

  3. E il mercato del vino come è cambiato? Non c’è molto spazio per l‘interpretazione. Le attività che lavorano con i nostri prodotti sono chiuse per cui non ha senso fare nessun tipo di previsione. Si sta tranquilli, si rimane vigili ed attenti. Quando - e anche in funzione del come - ci sarà una ripartenza, rimodelleremo i rapporti in primis umani e poi anche commerciali, cercando di renderli più aderenti alle necessità di tutti.

  4. Hai ricevuto qualche aiuto dallo Stato oppure dalla Unione Europea? Si, ho ricevuto 600,00 euro dall'INPS. La richiesta l’ha fatta, a nome mio, la mia associazione di categoria.

  5. Quali pensi che potrebbero essere gli interventi più urgenti da mettere in campo per aiutare le aziende e il mercato? Ad essere onesto non saprei indicarne. Ho l’impressione che ognuno viva questo momento con delle sensazioni davvero molto diverse, per cui delle soluzioni o degli aiuti “lineari” non soddisferebbero mai del tutto il singolo. Io spero vivamente che ad ognuno venga garantita la possibilità di attrezzarsi in funzione delle effettive necessità. Penso che nessuno conosca meglio le aziende di chi le conduce.

  6. E Patrick come vede il suo futuro? Io qui al momento sono tranquillo. Sono partito solo 12 anni fa e mi ricordo che quando imbottigliai i miei primi vini e poi vidi tutti quei cartoni pieni in cantina mi chiesi: bene, e ora a chi lo vendi? Rifarò lo stesso a distanza di 12 anni. Essere resilienti vuol dire anche questo.


Ti facciamo un grande in bocca al lupo Patrick, “sent from Earth”.

Siamo certe che con la tua calma, la resilienza e l’amore che hai per la natura e per il vino le tue bottiglie non resteranno, ancora una volta, invendute.

27 aprile 2020



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